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Il Progetto


L’economia novarese

Nella regione Piemonte Novara dopo la metropoli di Torino è il secondo Polo produttivo favorito anche dalla sua collocazione geografica tra Nord e Sud Europa.
La città di Novara ospita le Facoltà di Farmacia, Economia e Medicina dell'Università del Piemonte Orientale, ha il più importante centro intermodale del nord ovest, è collegata con l'hub aeroportuale di Malpensa ed è una delle sedi italiane che costituiscono l'Osservatorio nazionale della chimica individuate dal Ministero per l'Università e la Ricerca Scientifica, tutte condizioni che offrono in prospettiva significative opportunità di sviluppo economico, sociale ed occupazionale.
La contestualizzazione dell'applicazione di una misura finalizzata allo sviluppo di nuova imprenditorialità, nella provincia di Novara non può prescindere da un'analisi della competitività del territorio.
In questo senso sono particolarmente significative le ricerche e le analisi condotte dall'Istituto Tagliacarne in collaborazione con Unioncamere nell'Atlante della competitività delle province ,di cui si citano gli aspetti più rilevanti.
 
Le 28.711 imprese della provincia (dato 2007), in lievissima diminuzione rispetto le precedenti 28.747, appartengono prevalentemente ai settori del commercio (25,56%), dell'industria in senso stretto (circa 14,73%) e delle costruzioni che risulta l'unico settore in lieve aumento (20,02%).
Questi ultimi due in particolare mostrano un discreto scarto dai valori medi registrati nel Paese (rispettivamente 12,14% e 14,99%) cosa che permette alla provincia di collocarsi al 19° e al 7° posto nelle corrispondenti graduatorie. Superiore al valore medio nazionale risulta, inoltre, la quota sul totale delle imprese di servizi, 13,47%, che permette a Novara di stabilirsi al 18° posto tra le province italiane.
La quota di imprese artigianali (38,15%) è significativamente superiore sia rispetto alla media nazionale (28,65%) sia a quella dell'area nord occidentale del Paese (58,04%), collocando Novara all'ottavo posto tra le province italiane e al 2°, dopo Verbania, tra quelle piemontesi. Il ritmo di crescita delle imprese nel periodo 2002-2003 risulta di poco inferiore a quello ottenuto mediamente dall'Italia.
Nel 2005, invece, il numero di imprese è cresciuto da 1,74 a 2,06 unità ogni 100 esistenti, mentre il dato rilevato nel Paese è pari a 2,04 mentre nel 2006 il trend si inverte portando il dato all' 1,56 anche se superiore al dato nazionale pari a 1,39.
Nel 2007 il tasso di evoluzione risente della crisi e come il dato nazionale si abbassa notevolmente portandosi ad un valore negativo pari a -1,66 dovuto ad un tasso di mortalità aziendale tra i peggiori a livello nazionale. L'indicatore relativo alla densità imprenditoriale pari ad 7,93 per 100 abitanti, si discosta dal valore medio italiano (8,68) di neanche 1 punto percentuale.
Per quanto concerne l'ambito del turismo la provincia risulta all' 88° posto della graduatoria nazionale decrescente con un numero di esercizi turistici complessivi con 212 esercizi contro i 183 del periodo precedente
Il mercato del lavoro della provincia di Novara si caratterizza per una situazione occupazionale migliore rispetto a quella registrata per il Paese nel complesso, mostrando un tasso di disoccupazione in buona diminuzione dal 6,1 del 2004 al 4,63 del 2005 fino al 4,68 del 2006, mentre nel 2007 inverte il trend portandosi al 5,20, che è di circa 1 punto percentuale più basso del medesimo dato riscontrato su scala nazionale (6,10) e superiore all'indicatore rilevato nel territorio piemontese (4,20).
L'analisi del periodo 1995-2003 mette in evidenza un miglioramento del livello di disoccupazione, sia a livello complessivo, che per le singole classi di età considerate, mentre nel 2004 vediamo come il trend cambi ed il tasso di disoccupazione riprenda a crescere per poi reinvestire la tendenza diminuendo nel 2005 rimanendo quasi costante nel 2006 per poi tornare a crescere, anche se di poco, nel 2007.
Il tasso di occupazione decresce leggermente dal 66,19 al 65,60 e pone la provincia in un buon piazzamento al 33° posto nazionale, mentre il tasso di attività si guadagna il 22° posto.
Forte risulta essere l'occupazione nel settore dell'industria rispetto ai dati nazionali, a scapito dei settori dell'agricoltura e dei servizi.
Novara contribuisce alla formazione del valore aggiunto nazionale con una quota pari allo 0,67%, e per tale risultato è 44° tra le province del Paese.
Il livello del valore aggiunto pro-capite permette di analizzare la situazione economica della provincia depurata dal livello dimensionale; tale indicatore, pari a quasi 28.484 contro i precedenti 27.245 euro per abitante, evidenzia una performance sensibilmente superiore al dato nazionale ed al dato regionale ma inferiore a quello macro.
Ripartendo il valore aggiunto nelle sue varie componenti settoriali vediamo che la performance migliore è quella dei servizi per un 64,84% seguito a poca distanza dall'industria soprattutto manifatturiera.
Il contributo dell'artigianato alla formazione del Pil provinciale è particolarmente elevato (15,43%) sia rispetto alla media nazionale (12,04%) che a quella dell'area nord occidentale (12%), portando la provincia dal 32° al 30° posto nella relativa graduatoria.
Il valore delle esportazioni della provincia di Novara è leggermente superiore ai 4 miliardi di euro (poco più del 10% del valore delle esportazioni della regione), cosa che le permette di occupare la 25° posizione nella relativa graduatoria delle province italiane.
La provincia raggiunge il primato in ambito regionale per la propensione all'esportazione (45,61contro il precedente 46,38) sottolineando il trend altalenante, mentre a livello nazionale si colloca in 6° posizione (in rialzo di una), mettendo in evidenza un dato sensibilmente superiore rispetto a quello medio nazionale (24,77).
Il buon impatto degli scambi commerciali si evidenzia oltremodo analizzando il dato relativo al tasso di apertura, 79,78 contro il precedente 81,20, anche questo di gran lunga superiore rispetto al corrispondente valore dell' Italia (49,83). I prodotti delle attività manifatturiere sono quelli maggiormente esportati infatti, nelle prime cinque posizioni delle merci esportate, troviamo prodotti legati all'industria meccanica, rappresentati in modo particolare da macchinari per la produzione di energia meccanica che da soli rappresentano il 26% dell'intero monte esportazioni. Da segnalare inoltre le rilevanti esportazioni di prodotti petroliferi raffinati e di prodotti chimici di base.
Il quadro dei principali mercati di sbocco delle esportazioni, vede una decisa prevalenza dei paesi europei (80,17% del valore delle merci esportate) di cui il 55,22% verso l'Unione Europea a 15 Paesi.
Importanti sono anche le esportazioni verso l'America e l'Asia. Molto vario appare il panorama dei paesi da cui si importa infatti, dopo i principali paesi europei , si inseriscono Paesi quali la Cina, la Tunisia, la Turchia, gli USA e il Giappone.
Per quanto riguarda i prodotti importati non vi è una predominanza netta di qualche prodotto ma possiamo vedere come il petrolio ed il greggio seguito da articoli in gomma dominano la classifica Nei primi dieci posti troviamo inoltre calzature, articoli per l'abbigliamento e giocattoli .
La situazione della provincia di Novara nel contesto della dotazione infrastrutturale si può certamente definire tra le migliori in ambito nazionale.
Il valore che assume l'indicatore generale è pari a 107,05 (119,2 nel 2006 fatta pari a 100 la media Italia) e colloca la provincia al 26° posto in Italia.
La scomposizione dell'indicatore generale nelle sue due componenti principali (economica e sociale) non mostra significative divaricazioni dall'andamento generale. Il valore assunto dall'indice di dotazione delle infrastrutture economiche ad oggi pari a 112,2 (nel 2006 pari a 135) pone la provincia al 23° posto della relativa graduatoria.
L'analisi delle singole categorie mostra come praticamente tutte le categorie presentino un valore dell'indicatore superiore a 100. Costituisce un eccezione a questo trend l'indice di dotazione delle strutture e reti per la telefonia e la telematica, il cui valore è 107,7 è inferiore anche alla media della macro-area di riferimento.
Poco soddisfacente appare il risultato ottenuto da Novara per gli indicatori relativi al tasso d'interesse (7,4) e al rapporto sofferenze bancarie su impieghi (3,26 in rialzo rispetto al precedente 3,17) per i quali la provincia si posiziona rispettivamente al 57° e al 64° posto della graduatoria delle province del Paese.
Basterebbe chiedere a qualsiasi imprenditore:svolgere attività d'impresa in Italia non è facile.
Per certificarlo, la Banca mondiale usa un metodo più analitico, nel suo annuale rapporto Doing Business: sceglie dieci categorie di indicatori fondamentali per chi voglia condurre un'attività d'impresa,come tempi e costi di apertura o chiusura di una società, la flessibilità del lavoro,l'accesso al credito,il pagamento delle tasse, la burocrazia per gli scambi con l'estero, l'efficienza della giustizia civile .E ogni anno arriva alla stessa conclusione: l'Italia è un Paese difficile in cui condurre affari:
I dati pubblicati nel 2009 sono particolarmente sconfortanti:la classifica dell'Italia peggiora al 65° posto (su 181 Paesi), ed è sempre saldamente ancorata sul fondo dei Paesi industriali,quasi tutti nei primi 30.
Siamo davanti,fra i membri dell'Ocse,solo alla Repubblica Ceca e alla Grecia. Delle altre potenze del G-7, la penultima è la Francia, 31esima. Ma davanti a noi ci sono anche Turchia,Perù e Giamaica.
Il Kirgizistan, che ha fatto un balzo di oltre trenta posti,sta per raggiungerci.
La graduatoria appare come sempre paradossale,perché esclude volutamente altri fattori, come la  stabilità macroeconomica, sicurezza, corruzione, che pure giocano un ruolo importante nelle decisioni delle imprese. Ma serve a quantificare uno spettro di riforme, molte delle quali a costo zero o molto basso, che servono a rendere un Paese business - friendly, come dicono alla Banca mondiale, favorevole all'attività d'impresa.
E l'Italia,stando a queste cifre non lo è.
Nel 2008, nel mondo, 113 Paesi hanno messo in atto almeno una misura di riforma atta a favorire l'attività d'impresa, un record. I progressi sono particolarmente notevoli nelle aree più arretrate, come i Paesi dell'Europa orientale e dell'Asia centrale e l'Africa ma neanche i Paesi avanzati stanno fermi.
L'arretramento dell'Italia è legato anche ai progressi compiuti dagli altri, che sono più rapidi, oltre che a ragioni tecniche, come la revisione di alcuni parametri e l'inserimento di nuovi Paesi, come Bahamas, Bahrain e Qatar, che si collocano tutti davanti al nostro Paese.
Ma permangono anche ragioni più strutturali per il ritardo italiano .
Un'autentica zavorra sulla classifica (e quindi sulla facilità di fare impresa in Italia) è la lentezza della giustizia civile, dove l'Italia si piazza addirittura al 156° posto sui 181 Paesi. Ci vogliono quasi quattro anni per ottenere attraverso un giudice il rispetto di un contratto e anche il numero di procedure è il più alto fra i Paesi Ocse.
L'altro punto dolente (L'Italia è 128°) è l'imposizione fiscale, dove, nonostante i recenti progressi, la percentuale dei profitti che finisce al fisco è la più alta fra i Paesi industriali.
Inoltre la competitività delle imprese è minacciata costantemente dagli alti costi, diretti ed indiretti, determinati dal rapporto delle aziende con la pubblica amministrazione.
I problemi legati al costo generale della burocrazia per le imprese sono provocati da una serie di motivi che si possono sintetizzare in:
§   legislazione troppo articolata, complessa e poco attenta alle esigenze aziendali;
§   procedimenti amministrativi lunghi e talvolta e talvolta senza certezza sulla loro conclusione;
§   intervento di più amministrazioni nella definizione di un procedimento, con conseguente scarsa rintracciabilità del procedimento stesso;
§   permanere di una cultura ancora troppo legata alla formalità dell'applicazione normativa.
Una ricerca condotta nel 2006 dal Centro Studi della CNA Nazionale sugli adempimenti amministrativi legati al solo "inizio attività" applicato a diversi tipi di aziende, evidenzia un quadro che dimostra ampiamente la complessità dei procedimenti, la loro quantità ed il gran numero di amministrazioni che intervengono.
Dal campione preso in esame risulta cha occorrono mediamente 65 adempimenti amministrativi che coinvolgono 18- 20 diverse amministrazioni.
Oggi, purtroppo, in una sola delle dieci categorie prese in considerazione dalla Banca mondiale, l'Italia è fra i primi 30 Paesi del mondo:la facilità con cui si può chiudere un'azienda.
L'ufficio Studi di Confartigianato nel giugno 2009 ha pubblicato un rapporto sull'Indice della Qualità della Vita dell'Impresa nel quale è stata misurata la capacità di ciascun territorio provinciale di mettere a disposizione le migliori condizioni per fare impresa. L'analisi è stata strutturata sull'esame di 39 indicatori raggruppati in 11 ambiti:
§   Densità imprenditoriale,
§   Mercato del lavoro,
§   Pressione fiscale,
§   Concorrenza sleale del sommerso,
§   Burocrazia,
§   Credito,
§   Tempi della giustizia civile,
§   Legalità e conflittualità,
§   Utilities e servizi pubblici locali,
§   Capitale sociale del territorio e
§   Infrastrutture.
Nel complesso i risultati hanno evidenziato che la creazione da parte dei territori di migliori condizioni per la vita dell'impresa costituisce una condizione essenziale per aumentare la ricchezza del territorio.
In questa ottica si conferma che il divario Nord Sud è spiegato dalla minore capacità del Mezzogiorno di offrire un contesto capace di liberare le energie delle imprese, ma lo stesso divario è evidente anche al nord tra territori più o meno propensi ad organizzare servizi di assistenza allo sviluppo delle imprese.
L'intervento della Regione Piemonte attraverso il FSE e con l'inserimento nel Complemento di Programma di apposite azioni a favore del sostegno e del consolidamento delle imprese più giovani va nella direzione di promuovere l'economia e la qualità della vita, in un contesto che a causa della crisi non è sicuramente favorevole.
Le analisi sulla competitività del territorio e sui problemi della burocrazia italiana devono, necessariamente, essere contestualizzati nella crisi economica mondiale, che non manca di far sentire i suoi effetti anche nella provincia di Novara.
Un effetto evidente registrato nel primo semestre del 2009 è la notevole diminuzione di imprese che avviano la propria attività.
Risultano inoltre di particolare interesse anche i dati elaborati dalla CCIAA di Novara, resi pubblici trimestralmente tramite l'indagine campionaria della Giuria della Congiuntura e annualmente in occasione della "Giornata dell'Economia".
In particolare la "Giornata dell'Economia" offre un importante rapporto statistico sull'economia provinciale che presenta una fotografia del sistema economico ed imprenditoriale del territorio e fornisce preziosi elementi per interpretare le tendenze evolutive in atto e i possibili impatti in una prospettiva di medio - lungo periodo.
Volendo sintetizzare in poche battute il quadro che emerge dalla lettura dei dati presentati dalla CCIAA di Novara,  si può dire che il sistema imprenditoriale novarese sta attraversando una fase di sofferenza, particolarmente evidente nel settore industriale, in cui si registrano cali produttivi di entità superiore a quelli rilevati nel corso degli ultimi dieci anni.
Per quanto riguarda la "reazione" alla crisi, gli imprenditori locali stanno acquisendo maggiore consapevolezza della valenza strategica rivestita da fattori quali gli investimenti nell'offerta produttiva e nelle risorse umane.
Nel primo caso si osserva una tendenza, in atto già nell'ultimo quinquennio, a ricercare opportunità di affari in nuovi mercati, superando i confini dell'Unione Europa; nel secondo caso, se da un lato si riscontra una riduzione non trascurabile dei programmi di assunzione per l'anno in corso, dall'altro non manca la volontà di valorizzare la dimensione qualitativa delle assunzioni, attraverso una domanda più esigente in termini di istruzione e professionalità, cui si aggiunge un'offerta formativa più diffusa rispetto a quella attuata negli ultimi anni.
Tra gli effetti più evidenti legati all'aggravarsi della congiuntura economica emerge una tendenza al ridimensionamento dei programmi di assunzione, riscontrabile a tutti i livelli territoriali: in provincia di Novara, in particolare, sono soprattutto le imprese dell'industria e delle costruzioni ad escludere ampliamenti della propria base occupazionale, accanto a quelle di minori dimensioni (con meno di 50 dipendenti).
La fase recessiva in cui versa attualmente l'economia globale rende estremamente ardua la formulazione di previsioni circa la capacità e i tempi di reazione alla crisi da parte dei sistemi economici; gli scenari di sviluppo economico e sociale di seguito descritti vengono proposti quale ausilio per delineare la possibile evoluzione della situazione economica, evidenziando opportunità e criticità legate alla prosecuzione delle tendenze in atto e ispirandosi ad un'ipotesi di allentamento della forza della recessione tra la fine del 2009 e l'inizio del 2010.
Per le prospettive economiche in senso stretto, i dati disponibili al momento dell'elaborazione lasciano intravedere per il periodo 2011-2012 una ripresa dell'economia in provincia di Novara: la crescita del valore aggiunto dovrebbe attestarsi al di sopra del punto percentuale (+1,3%, a fronte della media del -2% prevista nel biennio 2009-2010), mantenendosi in linea con l'andamento regionale e seguendo a distanza ravvicinata la media nazionale (+1,4%).
Il tasso di sviluppo occupazionale appare stazionario: la previsione di un +0,4% segna un miglioramento rispetto alla variazione media del biennio precedente (-1,5%), riportandosi, tuttavia, sui modesti livelli raggiunti nel periodo 2006-2008 e restituendo l'immagine di un mercato del lavoro dipendente sostanzialmente fermo. Il tasso di occupazione stimato per il 2012 (41,1%) appare in diminuzione rispetto a quello previsto per il biennio 2009-2010 (41,7%), già fortemente ridimensionato rispetto al 43,7% del 2007-2008.
Per contro, il tasso di disoccupazione è atteso in rialzo sino al 6,3% negli anni 2009-2010, quindi in discesa nel biennio successivo sino al 5,7%.

   
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